Directory: quale utilità per la SEO?

Directory: sono realmente utili per la SEO?

La recente chiusura di Dmoz, una delle directory di siti web più famosa del mondo, ha risollevato il tema della reale utilità di questi strumenti. Non tanto perché ci siano dubbi circa la loro efficacia SEO oggi (probabilmente nulla, se non addirittura negativa), ma perché, come spesso accade, quando finisce un’epoca ci si interroga su quello che è stato e su quello che sarà.

 

Dmoz: un po’ di storia 

Nata nel 1998 (quasi 20 anni fa) e in pochi mesi divenuta di proprietà di AOL, Dmoz porta con sé tutto l’entusiasmo e i valori del periodo. In un’epoca in cui si puntava alla quantità più che alla qualità, per ogni sito web si cercava di ottenere il maggior numero possibile di link in entrata. Dmoz si era distinta tra le varie directory esistenti proprio per la sua mole di siti in lista e per il lavoro di redattori volontari che, tra le varie cose, controllavano i nuovi siti e li inserivano nelle categorie più adatte. A monte c’era un lavoro enorme di categorizzazione: nel corso degli anni ben 63.000 redattori hanno prestato il loro servizio volontario.

Ma cosa spingeva queste persone a compiere un lavoro così meticoloso in forma totalmente gratuita? Chi ha vissuto l’Internet dei primi anni 2000 lo può ben capire: ancora il WWW non era un business, non si parlava di “marketing online”. Molte attività erano svolte in modo volontario, a partire proprio dalla gestione delle directory. Il “motore” era una sorta di gloria personale, il desiderio di far parte di un progetto “geek”, la bellezza di potersi confrontare con altri migliaia di utenti scopritori e spesso promotori di altri progetti avanguardisti. La rete all’epoca non era ancora per tutti: i guru erano dei veri guru.

 

Dmoz e le altre directory: l’influenza SEO 

Oggi è più semplice dirlo: per incrementare il posizionamento di un sito web non occorre iscriverlo a tutte le directory esistenti. Anzi, questo può essere addirittura controproducente: molte directory - Dmoz e Yahoo! non sono state le sole - hanno chiuso o stanno chiudendo i battenti. Altre si sono tramutate in siti considerati “spammosi”, per cui i link in uscita rischiano di nuocere i siti web collegati tramite hyperlink.

La fine di un’epoca è un evento normale: quando una teoria perde di efficacia, le persone che prima tenevano viva l’idea smettono di crederci e convogliano i loro sforzi verso altre attività. Eppure il mondo SEO, directory comprese, di fine anni ‘90 / primi anni 2000 aveva tutto il suo fascino: i SEO erano più impegnati a iscrivere i loro siti entro liste infinite insieme a chissà quanti altri siti web piuttosto che a monitorare la qualità del loro materiale e dei relativi contenuti. Sì esatto, avete capito bene: c’era una vera e propria gara a quale sito avesse più inbound link.

Ma non è tutto: molti SEO erano più scrupolosi di altri, e non si limitavano a iscrivere il sito passando in rassegna tutte le directory possibili immaginabili, ma compivano un’analisi e una scelta ponderata optando solo per le directory considerate migliori (e Dmoz era sempre fra queste) oppure per directory tematiche. C’erano già le prime avvisaglie della pertinenza dei contenuti e dei collegamenti.

 

Le tendenze SEO d’oggi 

Sembra assurdo pensare a tutto ciò, soprattutto se compariamo quella situazione alla tendenza odierna della ricerca della massima qualità e del “poco ma buono”.

Eppure il mondo delle directory è stato utilissimo: quali reali risultati portassero al posizionamento dei siti non lo sappiamo, ma di sicuro hanno avuto funzione di bagaglio culturale e di dirompente entusiasmo nel guardare verso l’esterno, al di là del proprio orticello (sito web).

Le tecniche SEO sono totalmente cambiate, ma non si può non pensare agli anni delle directory con un sorriso e anche con un po’ di nostalgia. Forse è anche per questo che la chiusura di Dmoz ha emotivamente colpito tanti di noi.

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